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Dirigismo economico: cos’è e quali sono le sue caratteristiche?

Il dirigismo economico è una sistema dove lo Stato ha un forte peso nei vari settori dell’economia nazionale, pur rimanendo all’interno dell’economia di mercato, ma di fatto limitandola.

Il dirigismo economico non è infatti configurabile nell’economia pianificata, dal momento che lo Stato in questo sistema non amministra i cicli di produzione e di distribuzione. Inoltre lo Stato permette ai privati di gestire tali cicli economici. L’economia socialista o comunista, tra cui quella sovietica, non sono quindi dirigiste.

Il dirigismo economico può essere considerato una variante dell’economia di mercato. Esso è presente tutt’oggi talvolta in misura minore altre volte in misura maggiore nei Paesi occidentali. Infatti il finanziamento alla ricerca scientifica, allo sviluppo militare e gli incentivi economici all’ecologia (green economy) possono essere catalogate come politiche dirigiste.

Le caratteristiche del dirigismo economico

Il dirigismo economico si distingue per una serie di caratteristiche peculiari che lo differenziano sia dal liberalismo puro che dall’economia pianificata centralmente. In questo sistema, lo Stato interviene nell’economia non attraverso la completa nazionalizzazione dei mezzi di produzione, ma mediante strumenti come incentivi, regolamentazioni e politiche industriali mirate.

L’obiettivo principale è orientare lo sviluppo economico verso settori strategici, promuovendo la crescita e il benessere generale. Ad esempio, lo Stato può offrire sussidi o agevolazioni fiscali a industrie emergenti o ritenute cruciali per l’interesse nazionale, come la ricerca scientifica o le tecnologie verdi. È importante notare che, pur influenzando le decisioni economiche, lo Stato non sostituisce il mercato, ma funge da guida, lasciando spazio all’iniziativa privata. Questo approccio mira a combinare i vantaggi dell’economia di mercato con una direzione strategica fornita dal settore pubblico.

Dirigismo economico nel Novecento

In passato nazioni di diversa natura politica hanno adottato questo sistema economico in diverse sfaccettature. È il caso per esempio della Francia gollista e della Germania nazista. Anche la politica economica fascista può essere vista come dirigista, ma è perlopiù un insieme di diverse idee economiche, in particolare il governo di Mussolini cercò di raggiungere l’autarchia economica.

Nonostante sia il fascismo in Italia che il nazismo in Germania fossero nati in opposizione dello stato liberale che vi era precedentemente, entrambi i regimi non attuarono un regime di economia pianificata, ma rimasero nell’orbita dell’economia di mercato.

I motivi sono molteplici e possono essere riconducibili principalmente all’opposizione al sistema socialista instaurato nell’URSS da Stalin, dove i cicli produttivi e distributivi erano stati centralizzati dallo Stato.

Il governo nazista non decise quindi di amministrare l’economia, lasciando questo compito ai privati, ma di dirigerla.

Vediamo nel prossimo paragrafo quali sono le caratteristiche del dirigismo economico in Francia nel secondo dopoguerra.

Dirigismo economico in Francia con De Gaulle

Il dirigismo economico ha trovato terreno fertile nella Francia del secondo dopoguerra. Il Paese aveva infatti subito danni economici, sociali e strutturali dalla seconda guerra mondiale e dall’occupazione tedesca che è durata dal 1940 fino al 1944.

La Francia andava completamente ricostruita, ma soprattutto modernizzata per stare al passo con l’avanzamento industriale e non perdere il ruolo di potenza mondiale, pesantemente ridimensionato a causa della guerra.

L’economia francese prima della guerra era basata su piccole aziende, spesso su base familiare, non in grado di potersi ingrandire e aspirare a competere a livello internazionale. Venne istituto il Commissariat au plan, che possiamo tradurre con “Commissione per il Piano“, utile proprio per risollevare questa situazione.

Il dirigismo economico francese consistette nell’incentivare le fusioni e le acquisizioni, dato che un nuovo soggetto economico più grande e forte avrebbe avuto più possibilità di competere sulla scena internazionale rispetto a piccole imprese con pochi capitali.

Il governo francese decise di aiutare direttamente o indirettamente queste aziende, talvolta acquisendo una quota della società, altre volte sponsorizzando progetti tecnologici comuni fra varie aziende francesi.

Il dirigismo economico dei primi governi francesi del secondo dopoguerra portò la Francia a una crescita economica molto elevata, pari a circa il 4,5% annuo dal 1945 al 1975. Questi anni furono chiamati il Trente glorieuses, ovvero il Trentennio glorioso.

Esempi storici di dirigismo economico

Oltre al caso francese nel secondo dopoguerra, altri Paesi hanno adottato politiche dirigiste in vari periodi storici. Durante la Prima Guerra Mondiale, ad esempio, molti governi europei aumentarono significativamente il loro intervento nell’economia per sostenere lo sforzo bellico, controllando la produzione industriale e la distribuzione delle risorse.

Nel periodo successivo, alcune nazioni in via di sviluppo hanno utilizzato strategie dirigiste per accelerare la loro industrializzazione, riconoscendo la necessità di una guida statale per superare le sfide economiche iniziali. Questi esempi evidenziano come il dirigismo possa assumere forme diverse a seconda del contesto storico e delle esigenze specifiche di un Paese.

Strumento stataleIn praticaEffetto sull’economia
Incentivi e sussidiSconti fiscali, contributi a progettiSpingono investimenti in settori utili
Regolazione mirataRequisiti tecnici e ambientaliAlzano la qualità, possono aumentare i costi
Partecipazioni pubblicheQuote in società strategicheStabilità e controllo, rischio di inefficienze
Appalti e piani industrialiGare e roadmap pluriennaliVisibilità per investimenti e occupazione
Prezzi amministratiTetti o corridoi di prezzoProtezione utenti, rischio carenze se mal calibrati

Come funziona il dirigismo economico?

Nel dirigismo lo Stato non gestisce le fabbriche, ma indica la direzione. Lo fa con incentivi, regole, piani industriali. Immagina un semaforo che coordina il traffico invece di guidare le auto. L’obiettivo è spingere risorse verso settori strategici come energia, tecnologie green, ricerca. Le imprese restano private e cercano il profitto. La differenza è che la rotta generale è guidata da scelte pubbliche, non solo dalle forze del mercato.

Cosa cambia per cittadini e imprese

Per le imprese può voler dire accesso più facile a credito e bandi, ma anche standard più severi da rispettare. Per i cittadini l’effetto si vede in servizi e prezzi più stabili in aree strategiche come trasporti o sanità, ma talvolta con tasse o tariffe dedicate per finanziare i piani. Quando la direzione è chiara e i controlli funzionano si riducono sprechi e rendite di posizione. Quando la regia è confusa o politicizzata si creano distorsioni e si frena la concorrenza.

Che differenza c’è tra dirigismo ed economia pianificata?

Nel dirigismo lo Stato orienta e coordina, ma non decide ogni quantità prodotta. Le imprese restano private e competono. Nell’economia pianificata lo Stato stabilisce cosa produrre, quanto e a che prezzo. Nel dirigismo i prezzi nascono dal mercato anche se influenzati da regole e incentivi. Nella pianificazione i prezzi sono decisi dall’autorità centrale. Per capirlo basta chiedersi chi sceglie quanto produrre. Se sceglie il mercato con regole forti parliamo di dirigismo. Se sceglie lo Stato su tutta la linea parliamo di pianificazione.

Il dirigismo funziona solo in tempi di crisi?

Si usa spesso nelle crisi perché permette una risposta coordinata. Non è però legato solo alle emergenze. Può servire per modernizzare settori in ritardo, creare filiere innovative, proteggere beni pubblici come ambiente e salute. Funziona quando gli obiettivi sono chiari, le regole sono stabili e la valutazione dei risultati è trasparente. Se cambia direzione ogni pochi mesi o se i fondi seguono interessi di parte, l’efficacia si riduce.

Quali sono rischi e benefici per un risparmiatore?

Un’economia con forte regia pubblica può ridurre volatilità in alcuni settori regolati, utile per chi investe con orizzonte medio lungo. Dall’altra parte progetti sponsorizzati dallo Stato possono attirare capitali anche quando la competitività non è provata. Per chi investe è utile guardare a regole, piani pluriennali, qualità del management e sostenibilità dei numeri. Diversificare resta la miglior protezione perché nessun modello elimina il rischio.

Lorenzo Baldassarre

Sono un copywriter che collabora con diverse agenzie e siti web, principalmente su tematiche economiche-finanziarie, ma non solo. Easyfinanza.it è un mio progetto, che ho interamente sviluppato su tutti i suoi aspetti: contenuti, immagini, struttura del sito e piano editoriale basato sulla SEO.

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