Protezionismo economico: definizione e breve storia
Il protezionismo economico è una dottrina che mira alla protezione delle attività economiche del Paese contro la concorrenza di Stati esteri. Di conseguenza questa politica economica è in opposizione al liberismo economico internazionale.
Gli Stati che adottano una politica economica protezionistica attuano una serie di strumenti con l’obiettivo di limitare o annullare la libera concorrenza di aziende provenienti da altri Paesi. Lo strumento più famoso è l’inserimento di dazi doganali, per questo motivo si parla di protezionismo doganale.
Cos’è il protezionismo doganale?
Il protezionismo doganale consiste nell’inserire tariffe sulle importazioni così da rendere meno appetibili i prodotti stranieri. Infatti a causa dei dazi le imprese straniere sono costrette ad alzare i prezzi, azione che invece le imprese locali non devono fare e di conseguenze sono avvantaggiate. Con il protezionismo doganale uno Stato ha l’obiettivo di favorire la crescita delle imprese nazionali.
Protezionismo economico sulle esportazioni tramite dumping
Il protezionismo economico può riguardare però anche le esportazioni. Esso nasce con l’obiettivo principale di colpire l’economia dello Stato importatore. In questo modo si scoraggiano le aziende a vendere i propri prodotti in quel determinato Paese oppure a farlo ad un prezzo più elevato.
Il protezionismo non si riferisce solo ai dazi doganali. Infatti con il dumping le aziende di un Paese vendono a prezzi molto bassi i propri prodotti in un Paese straniero con l’obiettivo di conquistarne il mercato. I prezzi però nel Paese d’origine restano elevati per recuperare le perdite subite. Tale pratica è ancora oggi oggetto di critiche, dato che di fatto crea l’esistenza di due mercati a svantaggio della concorrenza.
Compreso il significato di protezionismo economico vediamo ora quando è nato e quali sono stati i momenti della storia recente in cui gli Stati hanno adottato questa politica economica.
Protezionismo Economico: dal mercantilismo al Novecento
Nel Settecento con lo sviluppo industriale le nazioni europee hanno iniziato ad adottare un’economia di mercato aperta ai commerci internazionali e al libero scambio, ma l’idea di primeggiare sugli altri Paesi era ancora forte sia in campo economico sia in altri ambiti, come quello militare.
Molta attenzione era posta sulla bilancia commerciale. Una nazione si considerava ricca e potente se le esportazioni superavano le importazioni, ovvero se aveva un surplus commerciale. Questa politica economica prende il nome di mercantilismo.
In questo contesto gli Stati adottarono quindi misure protezionistiche volte alla limitazione delle importazioni e all’aumento delle esportazioni. La definizione di mercantilismo 4.0 o “neomercantilismo” è invece moderna, essa riguarda la politica economica adottata ancora oggi da alcuni Stati, come la Germania, che grazie al loro surplus commerciale hanno ottenuto un benessere economico.
Nel corso della storia moderna e contemporanea gli Stati nazionali hanno adottato il protezionismo economico tendenzialmente nei momenti di crisi o al termine di un conflitto armato. Una forte ondata di protezionismo si ebbe al termine delle guerre napoleoniche, che hanno interessato tutti gli Stati europei. Ciò venne fatto per aiutare le imprese nazionali a riprendersi con l’obiettivo di tornare a competere a livello internazionale.
Un nuovo protezionismo economico tornò nella seconda metà dell’Ottocento che andò di pari passo con lo sviluppo di un crescente nazionalismo. È proprio in questo periodo che si fecero sempre più forti le spinte nazionaliste, culminate per esempio con l’unità d’Italia e della Germania, ma presenti in tutta Europa, anche in quei popoli sotto dominazione straniera.
Infine si ebbe una nuova ondata protezionistica dopo la crisi del 29, che portò alla recessione economica negli anni 30 e alla famosa inflazione nella Repubblica di Weimar. Gli Stati infatti adottarono misure economiche volte alla difesa delle aziende nazionali e al loro rilancio. Una forma di protezionismo economico nacque anche nell’Italia fascista, che prese il nome di autarchia.
Vantaggi e svantaggi del protezionismo economico
Il protezionismo economico mira a proteggere le industrie nazionali dalla concorrenza estera attraverso misure come dazi doganali e quote sulle importazioni. Tra i vantaggi principali, vi è la possibilità di sostenere le industrie nascenti, offrendo loro il tempo necessario per svilupparsi e diventare competitive a livello internazionale. Inoltre, il protezionismo può contribuire a salvaguardare l’occupazione nei settori vulnerabili, prevenendo la perdita di posti di lavoro dovuta alla competizione con prodotti stranieri a basso costo.
Tuttavia, esistono anche svantaggi significativi. Le misure protezionistiche possono portare a un aumento dei prezzi per i consumatori, poiché i beni importati diventano più costosi e le alternative domestiche potrebbero non essere sufficientemente economiche o di qualità comparabile. Inoltre, il protezionismo può innescare ritorsioni commerciali da parte di altri Paesi, riducendo le opportunità di esportazione per le imprese nazionali e potenzialmente sfociando in guerre commerciali che danneggiano l’economia globale.
| Elemento | Cosa significa | Esito atteso |
|---|---|---|
| Dazio | tassa sull’import | prezzo interno più alto, entrate per lo Stato |
| Quota | tetto alle quantità importate | meno offerta estera, possibile rincaro |
| Standard/Regole | requisiti tecnici, sanitari, ambientali | qualità più alta, rischio barriera non tariffaria |
| Settori strategici | industrie considerate vitali | tutela occupazione e capacità nazionale |
| Effetti sul consumatore | meno concorrenza estera | prezzi più elevati e meno scelta |
| Ritorsioni | altri paesi rispondono con dazi | calo export e guerre commerciali |
| Orizzonte temporale | protezione spesso “temporanea” | funziona se c’è piano d’uscita e investimenti in efficienza |
Esempi storici di protezionismo
Nel corso della storia, diverse nazioni hanno adottato politiche protezionistiche con esiti variabili. Un caso emblematico è rappresentato dalla cosiddetta “guerra delle tariffe” tra Italia e Francia alla fine del XIX secolo. Nel 1887, l’Italia introdusse una nuova tariffa doganale che aumentava significativamente i dazi sulle importazioni, colpendo in particolare i prodotti agricoli francesi. In risposta, la Francia impose a sua volta dazi elevati sui prodotti italiani, portando a una drastica riduzione degli scambi commerciali tra i due Paesi e causando danni economici significativi, soprattutto per l’agricoltura italiana, in particolare nel Sud.
Un altro esempio è rappresentato dalle politiche protezionistiche adottate dagli Stati Uniti durante la prima presidenza di Donald Trump. L’introduzione di elevati dazi su una vasta gamma di prodotti importati, in particolare dalla Cina, mirava a ridurre il deficit commerciale e a proteggere le industrie nazionali. Tuttavia, queste misure hanno portato a un aumento dei costi per le imprese e i consumatori statunitensi e hanno innescato ritorsioni da parte dei Paesi colpiti, con effetti complessivamente negativi sull’economia globale.
Cosa succede di solito ai prezzi e alla scelta
Riducendo la concorrenza dall’estero, i prezzi interni tendono a essere più alti e la varietà diminuisce. Alcune filiere ottengono benefici temporanei, ma gli utenti pagano di più e le imprese che usano input importati possono avere costi maggiori. Nel lungo periodo conta la capacità delle aziende protette di diventare competitive senza scudo.
No. Il protezionismo limita gli scambi ma non li elimina. L’autarchia punta all’autosufficienza riducendo quasi a zero import ed export. Il protezionismo è una scala di intensità, l’autarchia è una chiusura.
In presenza di industrie nascenti con potenziale, o per sicurezza nazionale su tecnologie critiche. Ha senso se è mirato, temporaneo e accompagnato da investimenti in produttività. Se diventa permanente, spesso blocca innovazione e competitività.
Perché molte usano componenti importati. Con dazi e quote gli input costano di più, quindi anche i prodotti finali nazionali possono rincarare, riducendo margini o alzando i prezzi.
